Pedalando nell'Oscurità: 

Un Incubo a Recoaro Mille

 


 

Il sole primaverile accarezzava le colline del Vicentino quando Marina ed Ermes partirono per quella che doveva essere una semplice avventura cicloturistica. Ignari del destino che li attendeva, pedalavano lungo l'argine che da Montebello conduceva ad Arzignano, i loro volti illuminati dall'entusiasmo di esploratori novelli.

"Guarda Ermes, che meraviglia il fiume oggi!" esclamò Marina, indicando le acque luccicanti dell'Agno che scorrevano placide accanto a loro.

Ermes annuì, un sorriso tirato sul volto. "Sì, bellissimo. Ma non trovi che ci sia qualcosa di... strano nell'aria?"

Marina scrollò le spalle, attribuendo la tensione del compagno alla fatica del viaggio. Non poteva immaginare quanto presto quella sensazione si sarebbe trasformata in puro terrore.

Mentre attraversavano Valdagno, il cielo iniziò a incupirsi, nubi plumbee si addensavano all'orizzonte, oscurando il sole che fino a poco prima li aveva scaldati. Il vento, dapprima una brezza gentile, si trasformò in raffiche taglienti che sembravano sussurrare avvertimenti sinistri.

"Forse dovremmo cercare riparo," suggerì Ermes, la voce tremante.

"Sciocchezze," replicò Marina. "Siamo quasi arrivati a Recoaro. Un po' di pioggia non ci fermerà."

Oh, quanto si sarebbe pentita di quelle parole.

La salita verso Recoaro Mille si rivelò un calvario. La strada, un serpente d'asfalto che si inerpicava tra boschi sempre più fitti e minacciosi, sembrava non finire mai. Il respiro affannoso dei due ciclisti era l'unico suono che rompeva un silenzio innaturale, come se la foresta stessa trattenesse il fiato in attesa di qualcosa di terribile.

Fu allora che lo videro per la prima volta.

Una figura alta, avvolta in un impermeabile scuro, stava immobile sul ciglio della strada. Il suo volto era celato dall'ombra di un cappello a tesa larga, ma entrambi sentirono il peso del suo sguardo penetrante.

"B-buonasera," balbettò Ermes mentre passavano accanto alla figura. Nessuna risposta. Solo un lieve movimento del capo, come se li stesse studiando.

Marina accelerò, un brivido le percorse la schiena. "Non mi piace per niente," sussurrò.

Giunsero al campeggio che era ormai buio. Il gestore, un uomo anziano dal volto segnato dal tempo, li accolse con uno sguardo carico di apprensione.

"Non dovreste essere qui," disse, la voce roca come se non la usasse da tempo. "Non in questa notte."

"Cosa intende dire?" chiese Marina, mentre montavano la tenda con mani tremanti.

L'uomo si guardò intorno, come temendo di essere udito. "C'è un predatore che si aggira per queste montagne. Alcuni lo chiamano 'Il Ciclista'. Appare solo in notti come questa, quando l'aria è carica di elettricità e la luna si nasconde. Dicono che un tempo fosse un corridore, ora è... qualcos'altro."

Ermes deglutì a fatica. "Un corridore?"

"Sì," continuò l'anziano. "Anni fa, durante una gara, impazzì. Spinse decine di ciclisti giù per i dirupi di queste montagne. Quando la polizia arrivò, di lui non c'era traccia. Ma ogni anno, in primavera, torna. E caccia."

Un tuono in lontananza sottolineò le sue parole, facendoli sobbalzare.

"Sciocchezze," disse Marina, ma la sua voce tradiva la paura. "Andiamo a dormire, Ermes. Domattina rideremo di queste storie."

Ma il sonno non arrivò. Il vento ululava tra gli alberi, portando con sé suoni inquietanti. Grida lontane? Il cigolio di una catena di bicicletta?

A mezzanotte, un grido agghiacciante squarciò l'aria. Marina ed Ermes si guardarono, il terrore dipinto sui loro volti.

"Viene dal sentiero," sussurrò Ermes.

Contro ogni logica, uscirono dalla tenda. La luna era emersa dalle nubi, gettando una luce spettrale sul campeggio deserto. Dov'era finito il gestore?

Un fruscio nel bosco li fece voltare. La figura con l'impermeabile era lì, più vicina ora. Nella mano guantata stringeva qualcosa... una ruota di bicicletta?

"Corri!" urlò Marina, spingendo Ermes verso il sentiero.

Corsero come non avevano mai corso prima, il cuore che martellava nel petto, il respiro che bruciava nei polmoni. Dietro di loro, il suono di passi pesanti e il cigolio metallico di una bicicletta.

Svoltarono un angolo e... il sentiero finiva in un dirupo. Erano in trappola.

Si voltarono. La figura era lì, a pochi passi da loro. Lentamente, alzò una mano verso il cappello.

"Per favore," supplicò Ermes. "Lasciaci andare."

Un ghigno si aprì sul volto dell'uomo, rivelando denti affilati come lame. "Ma siete voi che siete venuti da me," disse con voce cavernosa. "E ora... pedaliamo."

L'ultima cosa che Marina ed Ermes videro fu il luccichio di una catena che volava verso di loro.

Il mattino dopo, il campeggio era silenzioso. Due biciclette abbandonate giacevano accanto a una tenda vuota. E sul sentiero che portava al dirupo, due scie parallele nella fanghiglia, come se qualcosa... o qualcuno, fosse stato trascinato via nella notte.

Il Ciclista aveva reclamato nuove vittime. E le montagne di Recoaro Mille custodivano un nuovo, terribile segreto.

Podcast del Racconto 

Se vuoi vedere com'è andata in verità.

 

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